ORIGINI E PRIMI DOCUMENTI DELL’ITALIANO

 

  1. Dal latino volgare all’italiano
  2. Primi documenti: Appendix Probi, graffiti e affreschi
  3. Atto di nascita dell’italiano: Placito Capuano (960)
  4. Documenti notarili, giudiziari, religiosi

 

Lingue romanze (portoghese, spagnolo, catalano, francese, occitano o provenne, rumeno, vari dialetti italiani) da Romania, zona geografica nel suo complesso.

1) Dal latino volgare all’italiano

L’italiano deriva non da quello classico degli scrittori, ma dal ‘latino volgare’. Di fatto il latino, come tutte le lingue vive, mutò nel corso del tempo; non aveva un’unità linguistica assoluta.

Per ricostruire gli elementi del latino volgare all’origine degli sviluppi romanzi si usa:

– la comparazione tra le lingue neolatine, cioè confronto tra le lingue romanze e la ricostruzione etimologica dei derivati dal latino.

Il latino volgare conteneva molte parole presenti anche nel latino scritto. Altre innovazioni furono del latino parlato e non sono attestate nello scritto. In altri casi si ebbe un cambiamento nel significato della parola latina letteraria, la quale assunse un senso diverso nel latino volgare (es: testa(m) che sostituì caput, casa che in latino indicava una capanna mentre la casa vera era la domus che oggi significa solo duomo)

  • serie di testi di alcuni autori classici che hanno scritto talvolta in maniera meno formale e sorvegliata, che possono darci informazioni utili per intravedere alcune caratteristiche del latino parlato di livello popolare o del latino tardo.

Ruolo del sostrato (imporsi del latino su lingue pre-esistenti come l’etrusco, l’osco-umbro e loro reciproca influenza sul latino), del superstrato (influenza esercita da lingue che si sovrapposero al latino, come al tempo delle invasioni barbariche) e dell’adstrato (azione esercitata da una lingua confinante).

Nel passaggio dal latino alle lingue romanze si ebbe:

  • perdita delle consonati finali e dell’opposizione tra vocali brevi e vocali lunghe;
  • scompare il genere di nome neutro;
  • costruzione del futuro con infinto del verbo + presente di avere;
  • costruzione del latino classico prevede il verbo alla fine della frase mentre il latino volgare prevede l’ordine soggetto+verbo+complemento, che è anche l’ordine delle parole in italiano;
  • il latino predilige le frasi subordinate (ipotassi) mentre l’italiano ha preferenza per la coordinazione (paratassi).

 

2) Primi documenti: Appendix Probi, graffiti e affreschi

Appendix Probi (V-VI sec. d.C. ca.): lista di 227 parole o forme o grafie non corrispondenti alla buona norma raccolte da un maestro dell’epoca presso i suoi allievi.

Dimostrazione del fatto che l’errore non è una deviazione rispetto alla norma ma nell’errore stesso possono manifestarsi importanti tendenze innovative: quando l’errore si generalizza, l’infrazione diventa essa stessa norma per tutti i parlanti.

Nascita dei volgari italiani: verso il 1200, quando alcune scuole di scrittori scelsero la nuova lingua in maniera motivata o sistematica. Se consideriamo documenti più modesti (atti notarili, graffiti, carte di uso pratico, elenchi di conti,…) allora l’epoca è precedente. La caratteristica dei documenti antichi del volgare è comunque la casualità (problema è riconoscere l’intenzionalità dello scrivente).

Primo documento della lingua francese: Giuramenti di Strasburgo (842); siamo sicuri perché è un documento di carattere ufficiale.

Testimonianze di scritture volgari anche in graffiti ed affreschi:

  • catacomba romana di Commodilla (VI-VII sec e metà IX sec ca.): enorme graffito tracciato sul muro; frutto di una certa casualità, in quanto è stato aggiunto in forma parassitaria e posticcia sopra l’intonaco preesistente;
  • iscrizione della basilica romana di San Clemente (fine XI sec.): rientra in un vero e proprio progetto grafico. Affresco in cui parole in latino e in volgare sono state dipinte fin dall’inizio accanto ai personaggi rappresentati per identificarli e per mostrare il loro ruolo nella storia narrata (latino nelle parti più “elevate” del testo per esprimere anche giudizi morali; volgare nelle didascalie che registrano voci e azioni dei personaggi).

 

3) Atto di nascita dell’italiano: Placito Capuano (960)

Controversia riguardo all’Indovinello veronese (inizio del VIII sec.).

Atto di nascita della lingua italiana: Placito Capuano (960): è verbale notarile relativo ad una controversia giudiziaria: Rodelgrino rivendicava il possesso di certe terre a suo giudizio occupate abusivamente dall’abbazia di Montecassino, che, di contro, invocava invece l’”usucapione”. L’uso del volgare in certi parti (testimonianze di tre persone a favore dell’abate) è una scelta non un caso, probabilmente perché era interesse del monastero (che risultò vincitore) divulgare il più possibile il risultato del processo, per evitare nuove contestazioni dello stesso genere.

Questo documento è anche la dimostrazione di come un buon numero dei più antichi documenti italiani siano operai di notai, categoria sociale che aveva spesso occasione di usare la scrittura, continuamente impegnata nel transcodificare dalla lingua quotidiana alla formalizzazione giuridica del latino.

4) Documenti notarili, giudiziari, religiosi

Altri documenti notarili e giudiziari sono: Carta osimana (1151), Dichiarazione di Paxia (1178-1182), Carta fabrianese (1186), Carta picena (1193).

Filone religioso nei primi documenti dell’italiano: Formula di confessione umbra (1037-1080 ca.): che il fedele poteva recitare o leggere; Sermoni subalpini (XII-XIII sec.): una delle prime raccolte di prediche conosciute in una lingua neolatina, di una certa ampiezza.

Documenti pisani (metà XI e metà XII sec.):ritrovato fra i fogli di guardia di un codice.

Primi documenti letterari (qualcosa nella seconda metà del XII sec.): “Ritmo” nome generico che indica un componimento in verri (allusione al fatto che la metrica si accosta alla versificazione rhythmica medievale latina piuttosto che a quella moderna).

IL DUECENTO

 

  1. Scuola poetica siciliana
  2. Documenti poetici centro-settentrionali
  3. Prime idee di Dante sul volgare
  4. Prosa volgare

 

1) Scuola poetica siciliana

Prima scuola poetica italiana: all’inizio del XIII sec., Scuola poetica siciliana promossa da Federico II di Svevia.

Affermazione di altre due letterature romanze: quella francese d’oil e soprattutto quella provenzale d’oc, che esercitava grande fascino per le tematiche d’amore.

I poeti siciliani imitarono la poesia provenzale, ma (innovazione) sostituirono alla lingua forestiera i il volgare italiano di Sicilia, che è un volgare altamente raffinato e formalizzato (coerentemente con la tematica di quella poesia d’amore). Vi entrano numerosi termini provenzali o arieggianti la lingua provenzale (termini in –agio come coraggio o –anza come allegranza).

Il corpus della poesia delle nostre origini (compresa quella dei siciliani) è stato trasmesso da codici medievali scritti da copisti toscani. Nel Medioevo copiare non era un‘operazione neutrale,che garantisse sempre il rispetto dell’originale. I copisti toscani intervennero sulla forma linguistica della poesia siciliana con un’opera di “traduzione”, eliminando per quanto possibile i tratti siciliani che stridevano alle loro orecchie. Nel corso dei secoli, essendosi perduta ogni coscienza di questo intervento, la forma toscanizzata fu presa per buona (anche da Dante). Solo nel Cinquecento, Giovanni Maria Barbieri, studioso di poesia provenzale, ebbe per la mani un codice (il Libro siciliano, oggi perduto) contenente alcuni testi poetici siciliani che si presentano vistosamente diversi da quelli comunemente noti.

La lezione della poesia siciliana fu decisiva per la nostra tradizione lirica: si stabilizzò la “rima siciliana” (usata anche da Manzoni nell’800 nel Cinque maggio) e divennero normali in poesia i condizionali meridionali in –ìa (tipo crederia contro il toscano crederei).

2) Documenti poetici centro-settentrionali

Poesia religiosa: Cantico di frate sole di San Francesco (1223-1224) antecedente rispetto alla scuola siciliana. Tradizione delle “laudi” religiose, di origine fortemente umbra.

In Italia settentrionale fiorì anche una letteratura in volgare molto diversa da quella della scuola siciliana, con versi di carattere moraleggiante ed educativo (soprattutto di matrice lombarda).

Con la morte di Federico II venne meno anche la poesia siciliana. L’eredità passò in Toscana e Bologna con stile che riflette quello dei poeti siciliani con gallicismi, provenzalismi e sicilianismi (es: -i finali al posto di –e):

  • poeti siculo-toscani (Pisa-Lucca-Arezzo);
  • stilnovisti.

 

3) Prime idee di Dante sul volgare

Le idee di Dante sul volgare: Convivio e De vulgari eloquentia (incompiuto).

Nel Convivio il volgare viene celebrato e destinato a sostituire il latino per un pubblico che non è in grado di comprendere la lingua dei classici. Dante ha fiducia nella nuova lingua, e necessita di una forma di comunicazione e divulgazione più larga ed efficace. Il latino è reputato superiore in quanto utilizzato nell’arte.

Nel De vulgari eloquentia invece viene riconosciuta la superiorità del volgare in nome della sua naturalezza, ma la letterarietà della lingua latina diventa uno stimolo per la regolarizzazione del volgare. E’ il primo trattato sulla lingua e la poesia volgare.

Dante parte dalla creazione con Adamo e stabilisce che l’uomo è l’unico essere dotato di linguaggio e lo caratterizza distinguendolo dagli altri animali. L’origine della lingua viene ripercorsa attraverso la storia biblica: nodo centrale è l’episodio della Torre di Babele in cui comincia la storia delle lingue nelle loro varietà, con il mutamento nello spazio, nel luogo nel tempo. Secondo Dante la “grammatica” delle lingue letterarie come il greco e il latino è una creazione artificiale dei dotti, intesa a frenare la continua mutevolezza degli idiomi, garantendo la stabilità senza cui la letteratura non può esistere. Anche il volgare per farsi letterario deve acquistare stabilità, distinguendosi dal parlato popolare.

Per definire i caratteri del volgare letterario Dante segue la diversificazione geografico-spaziale delle lingue naturali, andando dal generale al particolare. Esamina le varie parlate locali per cercare la migliore ma non la trova. Dal punto di vista letterario il modello stilistico ideale è quello degli stilnovisti.

4) Prosa volgare

Novellino (XIII sec.)

Il latino detiene ancora il primato nella prosa duecentesca. Il volgare è influenzato dal latino e dal francese (anche se in maniera minore; Milione di Marco Polo nel 1298 è in francese). Volgarizzamenti: non sono traduzioni pedisseque. Non vi è un unico tipo di volgare. Non esiste una prosa-modello che si imponga su quella delle altre regioni.

IL TRECENTO

 

  1. Tre corone
  2. Volgarizzamenti

 

1) Tre corone:

Commedia di Dante (scritta in esilio da Firenze, in Italia settentrionale): il suo successo letterario fece da promotore anche della lingua in cui era scritto (toscano).

Varietà linguistica della Commedia (multilinguismo): presenza di latinismi (componente classica, citazione letteraria di autori pagani e di testi cristiani) anche scientifici, provenzalismi, termini forestieri, plebei, parole toscane e non, anche a seconda del tono e della situazione in cui il protagonista si trova. E’ comunque un’opera fiorentina (sembra contraddire le tesi del De vulgari, ma in realtà è perché Dante si sente libero di fronte ai tratti morfologici del fiorentino del suo tempo).

Canzoniere di Petrarca (per la poesia)

Monolinguismo lirico. Selettività che esclude molte parole usate nella Commedia, inadatte al genere lirico. Petrarca scrisse più in latino che in volgare e il Canzoniere era più un divertente esperimento (tant’è che il titolo è in realtà in latino Rerum vulgarium fragmenta). Sono in latino anche le postille apposte al Codice “degli abbozzi”, il Vaticano Latino 3196. Il volgare non è qui la lingua naturale, ma la lingua di un raffinato gioco poetico; la lingua naturale per Petrarca, che egli impiega abitualmente e con spontaneità, è il latino.

Decameron di Boccaccio (per la prosa)

Il Novellino era già un modello di prosa, ma non si adattava a tutti i contesti, né offriva un campionario ampio di situazioni, cosa che accade invece nel Decameron (situazioni diverse e con ceti sociali diversi; a seconda di esse viene usato un volgare piuttosto che un altro).

Stile boccacciano: ipotassi

Boccaccio è anche autore di uno dei più antichi testi in volgare napoletano (es: di letteratura dialettale riflessa: letteratura dialettale cosciente di essere tale).

2) Volgarizzamenti

Continuano i volgarizzamenti.

IL QUATTROCENTO

 

  1. Umanesimo e crisi del volgare
  2. Leon Battista Alberti e la grammatichetta vaticana
  3. Umanesimo volgare
  4. Letteratura religiosa
  5. Lingua di koinè e le cancellerie

 

1) Umanesimo e crisi del volgare

Umanesimo e nuovo gusto dei classici con lingua come imitazione dei grandi modelli letterari. Inizia con Petrarca che affida la parte più solida del proprio messaggio letterario al latino, ispirandosi a Cicerone, Livio, Seneca, Virgilio, Orazio.

Crisi del volgare che viene screditato agli occhi dei dotti. Il latino in quanto lingua più nobile (immortalità letteraria), mentre l’uso del volgare per i dotti è accettabile solo nelle scritture pratiche e d’affari, cioè nelle materie senza pretese d’arte.

Esistono comunque scritture mistilingue, con miscela a base di latino e volgare, in simbiosi, non casuale ma volontaria e studiata (per esempio le prediche medievali).

Macaronico: linguaggio e genere poetico comico nato a Padova alla fine del Quattrocento, caratterizzato dalla latinizzazione parodia di parole del volgare, oppure dalla deformazione dialettale di parole latine, con forte tensione espressionistica tra le due componenti. Formazione di parole miste. Il risultato è un latino che sembra pieno di errori, ma è un “errore” voluto a scopo comico dal latinista autore.

Polifilesco o pedantesco: es: romanzo anonimo di fine Quattrocento Hypnerotomachia Poliphili.

2) Leon Battista Alberti e la grammatichetta vaticana

Manca un autore prestigioso che dia fiducia all’italiano. Ed ecco Leon Battista Alberti con l’“Umanesimo volgare” che promosse la nuova lingua con poesie e prose, anche per argomenti seri e importanti. Alberti, perché il volgare sia universalmente compreso e usato, capisce che bisogna mirare ad una sua promozione a livello alto, da affidare ai dotti, come era successo per il latino. Non a caso infatti la sua prosa è intrisa di latinismi, soprattutto a livello sintattico, oltre che lessicale e fonetico. L’imitazione del latino si unisce però all’uso disinvolto di molti tratti popolari toscani.

A lui è attribuita la prima grammatica della lingua italiana, prima grammatica umanistica di una lingua volgare moderna, Grammatica della lingua toscana o Grammatichetta vaticana.

Nella premessa Alberti polemizza contro coloro che ritengono che il latino fosse proprio solamente dei dotti. La Grammatichetta è una sfida a dimostrare che anche il volgare ha una sua struttura grammaticale ordinata, come ce l’ha il latino. Purtroppo non ebbe molta influenza perché non circolò e non fu data alle stampe.

Caratteristica è l’attenzione prestata all’uso toscano del tempo (uso vivo). La norma a cui si rifà sta nell’uso non negli autori antichi o trecenteschi, per i quali non dimostra alcuna propensione.

Per promuovere la lingua toscana, Alberti organizzò il Certame coronario, gara poetica in cui i concorrenti si affrontarono con componimenti in volgare. La giuria non assegnò il premio, facendo in pratica fallire il Certame e qualcuno invio ad essa un’anonima Protesta, in cui si lamentava fra l’altro che gli avversari del volgare ritenessero indegno che l’italiano pretendesse di gareggiare con il latino (critica alla consueta posizione conservatrice propria della cultura umanistica).

3) Umanesimo volgare

Forte rilancio dell’iniziativa in favore del toscano, sostenuta da Lorenzo de’ Medici, Cristoforo Landino e Poliziano.

Landino, cultore di Dante e Petrarca, introdusse il volgare nella cittadella universitaria di Firenze. Egli sostiene tesi che ricordano in parte quelle dell’Alberti, invitando i concittadini di Firenze a darsi da fare perché la città ottenga il “principato” della lingua. Lo sviluppo della lingua di lega dunque ora ad una concezione “patriottica”, come patrimonio e potenzialità dello stato mediceo. Landino si occupò anche della traduzione in volgare della Naturalis Historia di Plinio.

Raccolta aragonese: raccolta di poesie che Lorenzo il Magnifico inviò nel 1477 a Federico, figlio del re Ferdinando di Napoli, della tradizione letteraria volgare andando dai pre-danteschi a della Stilnovo fino alla poesia contemporanea fiorentina.

Il volgare dell’ambiente mediceo viene assunto a soggetto di un esercizio letterario colto, in ambiente d’elite, da parte di autori che conoscono bene il latino, ma che mostrano disponibilità anche per l’adozione di modi e forme della lingua popolare.

Morgante di Luigi Pulci: prima trasposizione su di un piano colto di un genere popolare quale il cantare cavalleresco, forma poetica in ottave che veniva portata sulle piazze da canterini, cantastorie professionisti, per l’intrattenimento di un pubblico medio-basso.

Generale tendenza al recupero colto di forme popolari.

Il volgare toscano acquistò un prestigio crescente dalla seconda metà del Trecento, a partire dalla presenza fuori di Toscana di autori quali Dante e Petrarca, i quali si mossero variamente nell’Italia settentrionale. Le loro opere ebbero larghissima diffusione.

Con Firenze e Milano, Venezia era la città all’avanguardia nella stampa dei libri in volgare.

4) Letteratura religiosa

Raccolte di laudi (laudari) in uso presso molte comunità dell’Italia settentrionale. Importanza della letteratura religiosa per la diffusione di forme dell’italiano tra il popolo. Utilizzo del volgare anche nella predicazione. Il fatto che i predicatori si muovessero da luogo a luogo e facessero esperienza di un pubblico sempre diverso, li spingeva a raggiungere il possesso di un volgare che fosse in grado di comunicare al di là dei confini di una singola regione.

5) Lingua di koinè e le cancellerie

Mentre la poesia volgare ebbe fin dall’inizio una maggiore uniformità, la prosa risentì maggiormente di oscillazioni, anche perché il modello di Boccaccio apparteneva ad un solo genere letterario (novella) e non tutte le occasioni di scrittura potevano essere riportate automaticamente e adeguatamente a questo stesso modello.

Esistono dunque varietà di scriptae, lingue scritte attestate dai documenti dell’epoca, collocate in precisi spazi sociali e geografici. Le scriptae nel Quattrocento mostrano una tendenza al conguaglio, cioè all’eliminazione dei tratti più vistosamente locali, tanto che no è sempre facile circoscriverle geograficamente in un territorio dialettale preciso. Esse evolvono verso la forma di koinè (lingua comune superdialettale).

Koinè quattrocentesca: lingua scritta che mira all’eliminazione di una parte almeno dei tratti locali, accogliendo largamente latinismi e appoggiandosi, per quanto possibile, al toscano.

Si diffuse grazie all’azione delle corti signorili, attraverso le cancellerie principesche che usavano il volgare. L’uso delle cancellerie, per forza di cose, veniva ad essere influenzato dai gusti linguistici e letterari della corte signorile, di cui i cancellieri e i segretari facevano parte. I cortigiani inoltre si spostavano da una corte all’altra. Coesistenza di due lingue: italiano e latino.

IL CINQUECENTO

 

  1. Questione della lingua
  2. Pietro Bembo e le Prose della volgar lingua
  3. Teoria cortigiana e teoria italiana
  4. Ruolo delle accademie
  5. Mistilinguismo della commedia
  6. Linguaggio poetico
  7. La Chiesa e il volgare

 

1) Questione della lingua

Questione della lingua: serie di discussioni sulla natura del volgare e sul nome da attribuirgli

 

Nel Cinquecento il volgare raggiunse piena maturità, ottenendo allo stesso tempo il riconoscimento pressoché unanime dei dotti. Trionfo della letteratura volgare.

Definitivo tramonto della scrittura di koinè.

La fiducia accordata al volgare deriva anche dal processo di regolamentazione grammaticale in corso (stabilizzazione della norma linguistica).

Prime grammatiche e primi lessici (antenati dei vocabolari). Essi contenevano un numero relativamente limitato di parole, ricavate dagli spogli sugli scrittori.

Più noto vocabolario di questo periodo:

Francesco Alunno di Ferrara: La fabbrica del mondo (1548), in forma di dizionario metodico.

Prima grammatica italiana a essere stampata:

Giovan Francesco Fortunio: Regole grammaticali della volgar lingua (Ancona, 1516)

2) Pietro Bembo e le Prose della volgar lingua

Primato dell’editoria di Venezia.

Pietro Bembo: Prose della volgar lingua (venezia 1525)

1501: pubblicazione delle versioni tascabili “aldine” (carattere tipografico corsivo) di Aldo

Manuzio di Virgilio e Orazio e Petrarca volgare curato da Bembo.

Compare il segno dell’apostrofo.

Le Prose sono divise in 3 libri; il terzo è una grammatica dell’italiano esposta in forma dialogica. Innanzitutto c’è un’analisi storico-linguistica, secondo cui il volare sarebbe nato dalla contaminazione del latino ad opera degli invasori barbari. Il riscatto del volgare è stato reso possibile grazie agli scrittori e alla letteratura. L’italiano è andato progressivamente migliorando, osserva Bembo, mentre il provenzale va riducendosi. Il toscano a cui Bembo fa riferimento è il toscano trecentesco delle tre corone, non quello vivo dell’epoca, pertanto i fiorentini non sono avvantaggiati, anzi forse è dannoso perché rischiano di contaminare con parole popolari la dignità della scrittura. Requisito necessario per la nobilitazione del volgare era dunque un totale rifiuto della popolarità. Ecco perché Bembo non accetta integralmente il modello della Commedia dantesca, di cui non apprezza le discese verso lo stile basso e realistico. Come per il latino Bembo era favorevole al latino dei classici, così trasportò questa sua concezione nella lingua volgare. Fu molto gradita anche in ambiente colto per questo ritorno al passato.

1570: Benedetto Varchi pubblica l’Hercolano. Dopo aver frequentato l’Accademia degli Infiammati di Padova (dov’era vivo il bembismo) ed aver introdotto il bembismo a Firenze, fece una rilettura dell’opera di Bembo, ma in maniera infedele, sconvolgendone le premesse. Ciò servì però a rimettere in gioco il fiorentino vivo, dandogli un ruolo e una dignità. Riscoperta del parlato.

L’Hercolano vanifica il rigore delle Prose di Bembo, sancendo il principio per cui esiste un’autorità popolare (non del popolazzo) da affiancare a quella dei grandi scrittori. Firenze poté così esercitare di nuovo il controllo sulla lingua.

3) Teoria cortigiana e teoria italiana

Teoria cortigiana

Il volgare migliore è quello usato nelle corti italiane, specialmente in quella di Roma (Calmeta).

La fiorentinità si apprende da Dante e Petrarca, ma va poi affinata attraverso l’uso nella corte di Roma, che allora era una città cosmopolita e superregionale. I sostenitori non vogliono limitarsi all’imitazione del toscano arcaico ma preferiscono fare riferimento all’uso vivo della corte.

Bembo obiettava che la lingua cortigiana era un’entità difficile da definire in maniera precisa ed omogenea.

Teoria italiana di Trissino

E’ legata alla riscoperta del De vulgari Eloquentia che nel 1529 diede alle stampe il trattato dantesco non nella forma originale latina ma in traduzione italiana. Egli sostiene che la lingua di Petrarca è composta di vocaboli provenienti da ogni parte d’Italia e non è quindi definibile come “fiorentina” ma come “italiana”. Nega dunque la fiorentinità della lingua.

Alla cultura toscana non piacque.

A ribattere ci fu anche Machiavelli col Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua in cui Dante fa ammenda degli errori commessi nel De vulgari.

Polemica sull’autenticità del De vulgari eloquentia.

4) Ruolo delle accademie

Il ruolo delle accademie fu molto importante, in quanto in esse si organizzarono gli intellettuali e vennero dibattute molte questioni linguistiche di attualità.

Accademia della Crusca (1582).

Il latino continua comunque a mantenere posizione rilevante in molti settori (es. diritto, giustizia).

In latino libri di filosofia, medicina, matematica. Il volgare nelle opere scientifiche di divulgazione e arti applicate, letteratura e storiografia, architettura (stabilizzazione del lessico tecnico con le traduzione delle opere di Vitruvio), pittura e scultura (Vite di Vasari). Traduzioni dei classici permettono l’affinamento dell’italiano e la sperimentazione delle sue potenzialità (banco di prova)

Galileo sceglie il volgare, anche se è cosciente che ciò limiterà la diffusione fra gli altri scienziati europei, che usano il latino.

Settore dei libri geografici di viaggio dove reperire neologismi e forestierismi. Grande importanza dello spagnolo.

5) Mistilinguismo della commedia

Mistilinguismo della commedia che fin dall’inizio si presta ad essere il genere ideale per la ricerca di particolari effetti di “parlato”. Presenza di diversi codici per i diversi personaggi, che si cristallizzano: toscano per gli innamorati, veneziano o bolognese per i vecchi, spagnolo per i bravi e i capitani, …

6) Linguaggio poetico

Linguaggio poetico caratterizzato dal petrarchismo: vocabolario lirico selezionato, coerente con il modello di Bembo.

Contrasto Tasso /Crusca poiché Tasso non riconosce il primato fiorentino della lingua (favorevole piuttosto alla linea cortigiana); la tradizione toscana è sentita come un patrimonio culturale comune, non geograficamente limitato. La polemica con la Crusca toccò la Gerusalemme liberata: accuse di stile oscuro, distorto, sforzato, inusitato, aspro; la sua lingua è giudicata “troppo culta”; il linguaggio visto come una mistura di voci latine, pedantesche, straniere, lombarde, nuove, composte, improprie.

Salviati, uno dei più eminenti esponenti della Crusca, fu fra quelli che più attaccarono il Tasso, ma probabilmente fu mosso dal fastidio che un’altra stella di prima grandezza nel mondo della letteratura volgare brillava lontano da Firenze e sembrava non riconoscerne il primato, cosa a cui Salviati teneva molto.

7) La Chiesa e il volgare

Dal Concilio di Trento gli studiosi concordarono sulla necessità di tener conto del volgare. La lingua ufficiale restò il latino ma il volgare fu “imposto” per le prediche e la catechesi (oasi del volgare).

Discussioni sulla legittimità delle traduzioni della Bibbia (libera interpretazione), affidata infine ai papi (Indice dei libri proibiti); paura della diffusione a tutti , rischio di fonte di errori ed eresie (Riforma protestante con traduzione in tedesco della Bibbia). Stesso discorso per la messa.

IL SEICENTO

 

  1. Vocabolario della Crusca
  2. Opposizione alla Crusca
  3. Linguaggio della scienza
  4. Melodramma
  5. Linguaggio poetico barocco
  6. Polemiche contro l’italiano
  7. Letteratura dialettale e toscanità dialettale

 

1) Vocabolari

1612 Vocabolario degli Accademici della Crusca edito da Alberti in Venezia (probabilmente per motivi economici)

Gli Accademici prendono dunque ad esempio questi autori del Trecento letterario che secondo loro scrivevano correttamente in italiano. Per essere registrata nel vocabolario della Crusca, la parola dev’essere letteraria trecentesca toscana (fiorentina). Il vocabolario nasce quindi con un intendimento selettivo. Propone immediatamente e a stampa un modello di lingua arcaica (quella del 1300) e geograficamente circoscritta (Toscana).

1^ ed.: 1612

2^ ed.: 1623

3^ ed.: 1691

4^ ed.: 1729-1736

5^ ed.: 1863-1921 (mai completata; arriva fino alla O)

Prestigio sovraregionale e internazionale.

2) Opposizione alla Crusca

Paolo Beni con Anticrusca (1612) che ai canoni di Salviati gli scrittori del Cinquecento, in particolare il Tasso, grande escluso dagli spogli del vocabolario. Egli parte dal presupposto che la lingua italiana esiste come patrimonio comune (vecchia “teoria cortigiana”); polemizza contro la lingua usata da Boccaccio (più ancora che contro la Crusca), indicandone le irregolarità e gli elementi plebei (giudizio complessivamente negativo sulla letteratura del Trecento).

Alessandro Tassoni: protesta contro la dittatura fiorentina sulla lingua. Propone di adottare nel vocabolario degli espedienti grafici per contrassegnare le voci antiche e le parole da evitare, perché per gli utenti la distinzione è perniciosa. No alla pedissequa imitazione dei modelli trecenteschi (arcaismo linguistico improponibile).

Daniello Batoli con Il torto e il diritto del Non si può: polemica indiretta e sottile che dimostra che proprio nei canoni su cui si fonda il vocabolario si trovano oscillazioni che mettono in dubbio la coerenza di quel canone grammaticale. Il grammatico deve usare con cautela il suo diritto di condanna e di veto.

3) Linguaggio della scienza

In questo secolo raggiunge esiti elevati, grazie soprattutto a Galileo. Ha una fiducia a priori nel volgare e vuole staccarsi polemicamente dalla casta dottorale.

Intento divulgativo e fierezza della propria lingua toscana. Il latino è usato come termine di confronto negativo (Saggiatore 1623). Pur scegliendo il volgare,Galileo non si collocò mai ad un livello basso o popolare, ma seppe raggiungere un tono elegante, medio, con grande rigore logicodimostrativo e chiarezza linguistico-terminologica. Più che coniare neologismi, Galileo si affida alla tecnificazione di termini già in uso, evitando l’utilizzo di latino e greco (tranne che per tecnicismi già esistenti ed affermati), preferendo parole semplici italiane.

4) Melodramma

Genere nato in Italia (nella fiorentina Camerata dei Bardi) a cavallo fra ‘500 e ‘600. Rapporto parole-musica.

Il melodramma del primo Seicento fu un tentativo di ricreare la tragedia antica, che si immaginava fosse stata eseguita dai greci con l’accompagnamento del canto. Questa era la convinzione della Camerata del Conte Bardi. Il teatro del ‘500 era stato fino ad allora solo recitato e la musica confinata negli intermezzi. L’ampliamento del canto e della musica dovette quindi misurarsi con la capacità narrativa del testo, senza deformarlo,

Primo melodramma (1600): Camerata dei Bardi con la rappresentazione dell’Euridice per le nozze di Maria de’ Medici. Ambiente di corte, spettacolo d’elite. Influenza linguistica dunque delimitata alla corte.

Il linguaggio poetico si inserisce nella linea petrarchesca, rivisitata attraverso l’Aminta del Tasso.

5) Linguaggio poetico barocco

La poesia barocca estende il repertorio dei temi e delle situazioni oggetto di poesia e c’è quindi anche la necessità di un rinnovamento lessicale (es. riferimenti botanici). La poesia barocca utilizza un’ampia gamma di animali, canonici e non (legati anche all’evoluzione della prosa scientifica). Ad esempio Marino nell’Adone con anatomia umana. Presenza lessico scientifico che conferma tendenza al rinnovamento.

6)Polemiche contro l’italiano

Dalla fine del Seicento prese piede il giudizio sul “cattivo gusto” del Barocco, costantemente ripetuto dagli Illuministi del Settecento. La reazione antibarocca ebbe inizio in Francia (padre Dominique Bouhours che riconosce solo ai francesi l’effettiva capacità di parlare, razionalità della lingua dovuta alla vicinanza linguistica fra prosa e poesia) proprio contro la letteratura italiana (sospirante, sdolcinata, buona solo alla lirica amorosa e al melodramma) e spagnola (declamatoria), magniloquenza retorica).

7) Letteratura dialettale e toscanità dialettale

Nasce una letteratura dialettale, volontariamente contrapposta alla letteratura in toscano e dialettalità toscana, gusto per la lingua toscana viva e popolare.

IL SETTECENTO

 

  1. Italiano e francese nel quadro europeo
  2. Linguaggio teatrale e melodramma
  3. Cesarotti filosofo del linguaggio
  4. Riforme scolastiche e ideali illuministi di divulgazione
  5. Linguaggio poetico
  6. Prosa letteraria

 

1) Italiano e francese nel quadro europeo

Italiano e francese in Europa sono le lingue che in questo secolo si contendono il primato internazionale. Il francese però assume una posizione che lo rende legittimo erede dell’antico universalismo latino (francese=moda, non c’è bisogno di traduzioni).

Ordine naturale della frase: soggetto+verbo+complemento è tipico della sintassi francese (lineare, lingua della chiarezza) mentre l’italiano è caratterizzato da una grande libertà nella posizione degli elementi del periodo. Questo viene reputato come un difetto strutturale e servì per screditare l’italiano.

Lingua di conversazione

Al livello più basso della popolazione non ci furono immediatamente risultati e l’italiano restava ancora in sostanza un fatto d’elite. Il toscano è ancora considerato una “lingua d’occasione”, adatta ai libri e alle situazioni ufficiali, ma poco adatta alla conversazione, ai rapporti confidenziali, alla comunicazione familiare che utilizza invece il dialetto.

Come osserva Baretti, la lingua italiana si presta poco alla conversazione naturale perchè è scritta ma poco parlata.

2) Linguaggio teatrale e melodramma

Grande successo del melodramma in Italia e anche all’estero che fissa lo stereotipo dell’italiano come lingua della dolcezza, della contabilità, della poesia, dell’istinti, in contrapposizione al francese, lingua della razionalità e della chiarezza. Quando si devono usare dei tecnicismi, l’italiano entra in crisi. Allo stesso tempo perciò, il melodramma contribuisce a portare all’estero una valutazione favorevole delle opere italiane. Il linguaggio dell’opera influenzò anche l’italiano imparato da alcuni straniere (Voltaire). Nuovo successo a Vienna con Metastasio; anche Mozart conosce ed utilizza l’italiano (Don Giovanni).

Non esistendo in Italia una vera lingua comune di conversazione, un autore teatrale che volesse simulare il parlato senza imparare il toscano vivo, era costretto a ricorrere al dialetto oppure ad impiegare una lingua mista, in cui entrassero elementi diversi (Goldoni usò l’uno e l’altro metodo, senza preoccuparsi mai troppo)

3) Cesarotti filosofo del linguaggio

Polemiche illuministiche nei confronti della quarta Crusca (1729-1738) (es: Rinunzia avanti notaio al Vocabolario della Crusca di Alessandro Verri a nome dei redattori del Caffè).

Insofferenza nei confronti dell’autoritarismo fiorentino. Svalutazione del dibattito linguistico in quanto tale.

Melchiorre Cesarotti con Saggio sulla filosofia delle lingue (1785-1788-1800):

  1. tutte le lingue nascono e derivano, all’inizio sono barbare ma tutte servono ugualmente bene all’uso della nazione che le parla;
  2. nessuna lingua è pura (composizione di elementi vari);
  3. tutte le lingue nascono da una combinazione casuale, non da un progetto razionale;
  4. nessuna lingua nasce da un ordine prestabilito o dal progetto di un’autorità;
  5. nessuna lingua è perfetta, ma tutte possono migliorare;
  6. nessuna lingua è tanto ricca da non aver bisogno di nuove ricchezze
  7. nessuna lingua è inalterabile;
  8. nessuna lingua è parlata uniformemente nella nazione.

Distingue fra lingua orale e scritta (che ha una superiore dignità in quanto momento di riflessione e strumento dei dotti): la lingua scritta non dipende né dal popolo né, ciecamente, dagli scrittori approvati, tantomeno può essere fissata nei modelli di un certo secolo o dal tribunale dei grammatici. Polemica antipurista. A differenza degli illuministi del “Caffè”, Cesarotti non chiede libertà da ogni regola, ma quando c’è indecisione nell’uso consiglia di seguire la miglior ragione, che non sempre coincide con la maggioranza degli esempi attestati, o delle auctoritates antiche. Chi scrive non deve guardare ad un passato morto e sepolto ma è libero di introdurre termini nuovi o ampliare il senso dei vecchi (attenzione però alle eccessive innovazioni). Fonti per i neologismi possono essere l’analogia, la derivazione e la composizione con termini già esistenti oppure i dialetti italiani, anche se subalterni rispetto alla lingua toscana, o le parole straniere (con estrema cautela).

Chi è contro i forestierismi invoca il concetto di genio della lingua (Genio della lingua: carattere originario tipico di un idioma e di un popolo) per dimostrare l’improponibilità del termine esotico.

Cesarotti propone dunque la distinzione fra “genio grammaticale” (struttura grammaticale delle lingue) che è inalterabile e “genio retorico” (lessico, riguarda l’espressività della lingua stessa) che invece è alterabile.

Esamina anche la situazione italiana e propone soluzioni positive alle polemiche sulla questione della lingua. Propone di istituire un Consiglio nazionale della lingua al posto dell’Accademia della Crusca, con il compito di rinnovare i criteri lessicografici, dedicando attenzione al lessico tecnico delle arti, dei mestieri, delle scienze (rinnovamento lessicografico). Il riscontro del lessico va fatto non solo per via libresca, ma anche rivolgendosi a chi esercita la professione specifica in tutta Italia. La scelta sovraregionale spetta poi al Consiglio. Il patrimonio lessicale ottenuto va poi confrontato con quello presente nei vocabolari di altre nazioni (legittima il forestierismo tecnico) ed infine il Consiglio compila un nuovo vocabolario in due edizioni: una ridotta e di uso comune, divulgativa, pratica ed una ampia.

4) Riforme scolastiche e ideali illuministi di divulgazione

Le condizioni del popolo divennero un tema per gli illuministi, convinti che questa fosse la strada del progresso. Si comincia a chiedersi come la conoscenza dell’italiano possa entrare nel bagaglio culturale per permettere all’uomo di assumere un ruolo nella società. Anche il popolano deve sapere scrivere e parlare italiano.

E’ il secolo in cui l’italiano entra in forma ufficiale nella scuola. (la situazione delle riforme scolastiche italiane è disuguale).

Sensibilità nuova per i temi della divulgazione e della diffusione della cultura nei ceti medi, se non proprio tra il popolo, necessità di far giungere ovunque i “lumi” della cultura (Encyclopedie di Diderot e D’Alembert).

Polemica contro il latino, accusato di essere il freno del progresso: si insiste sul fatto che ai giovani delle classi medie e popolari serve una cultura maggiormente legata alle esigenze dei commerci e delle attività pratiche.

Dalla riforma austriaca nasce, nell’Ottocento in Italia settentrionale, l’idea dei una scuola “comunale” con il compito preciso di insegnare a leggere e scrivere.

5) Linguaggio poetico

1690: a Roma viene fondato l’Arcadia, movimento poetico che si ispira alla lingua di Petrarca, allontanandosi dagli eccessi della poesia barocca. Vi è una sostanziale adesione al passato, visibile anche nell’impiego della toponomastica ed onomastica classica, della mitologia, dei latinismi ed arcaismi, per distinguere la poesia dalla prosa e salvare i versi dal rischio di scivolamento nel prosaico. Non si rifugge dall’attualità, dai temi moderni, però si ricorre ad una nobilitazione verbale degli oggetti comuni, scegliendo, fra due termini, quello più raro e letterario.

Alcuni esempi sono:

  • proclisi dell’imperativo (t’arresta, m’ascolta,…)
  • enclisi (sgridonne, negommi, vadasi, parmi,…)
  • iperbati
  • troncamenti, specialmente dei verbi all’infinito (arrossir, parlar,…)

 

6) Prosa letteraria

La prosa saggistica si avvia verso una sostanziale semplificazione sintattica, anche attraverso l’influenza delle lingue straniere.

Controcorrente va Giambattista Vico: da giovane aveva aderito al “capuismo” (movimento di Leonardo di Capua ispirato alla fedeltà ai modelli toscani antichi).

Controcorrente va anche l’Alfieri che parla male del francese e opta per il toscano classico (inaugura il soggiorno a Firenze come pratica di lingua viva, modello che fu poi molto imitato nell’Ottocento).

L’OTTOCENTO 

  1. Purismo e classicismo
  2. Soluzione manzoniana alla questione della lingua
  3. Lessicografia
  4. Unità politica (1861) ed effetti linguistici
  5. L’Ascoli e le sue teorie
  6. Linguaggio giornalistico
  7. Prosa letteraria
  8. Poesia

 

1) Purismo e classicismo

Purismo

All’inizio, anche per reazione all’egemonia della cultura e della lingua francesi imposte anche con autorità durante l’impero napoleonico, si sviluppa il movimento del Purismo (intolleranza di fronte ad ogni innovazione). Conseguenze a ciò furono antimodernismo e culto dell’epoca d’oro della lingua, identificata nel remoto passato del Trecento.Nonostante l’inattualità di questo pensiero, esso ebbe molta fortuna.

Il padre del purismo è padre Antonio Cesari con Dissertazione sopra lo stato presente della lingua italiana, che celebra il Trecento come il secolo in cui tutti parlavano e scrivevano bene.

Cesari realizza una rivisitazione extratoscana della Crusca, detta Crusca veronese (1806-1811), riproponendo il vocabolario con una serie di giunte, allo scopo di esplorare più a fondo il repertorio della lingua antica.

Classicismo

Vincenzo Monti pose un freno alle esagerazioni del purismo, rinfacciando a Cesari di aver semplicemente dato una versione apparentemente più ampia del Vocabolario della Crusca.

Monti arrivò poi a criticare anche il Vocabolario della Crusca con Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca in cui c’è una ricerca degli errori compiuti dai vocabolaristi fiorentini, dovuti anche alla loro scarsa preparazione filologica.

2) Soluzione manzoniana alla questione della lingua

Dibattito attorno al problema dell’italiano in tutto o in parte simile ad una lingua morta, una lingua cioè che si impara dai libri, valida per il piano nobile della conversazione ma inadatta ai rapporti quotidiani.

Manzoni affronta la questione della lingua a partire dalle sue necessità di romanziere:

  • Nelle prima fase, con la prima stesura, nel 1821, del Fermo e Lucia, egli utilizza uno stile duttile e moderno ricorrendo a vari elementi, utilizzando il linguaggio letterario senza vincolarsi ad esso e dunque accettando anche francesismi e milanesismi. Nella seconda stesura del 1823 Manzoni lamenta la propria naturale tendenza al dialettismo, ammettendo il (provvisorio) fallimento.
  • Nella seconda fase (toscano-milanese) abbiamo l’edizione del 1827 dei Promessi Sposi, in cui l’autore cerca di utilizzare una lingua generalmente toscana, ma ottenuta per via libresca, attraverso vocabolari e spogli lessicali.

Nel 1827 Manzoni si reca a Firenze e comincia a maturare la svolta (risciacquatura dei panni in Arno: soggiorno culturale a Firenze allo scopo di acquisire familiarità con la lingua parlata in quella città).

  • 1840: nuova edizione dei Promessi Sposi in cui utilizza il fiorentino vivo dell’uso colto dell’Ottocento: espunzione delle forme lombardo-milanesi, eliminazione di forme eleganti ed auliche sostituite con forme comuni ed usuali (agguattando>spiando, guatare>guardare), assunzione di forme tipicamente fiorentine (spagnuolo>spagnolo, egli ed ella>lui e lei), eliminazione di doppioni di voci e forme (pel e col>per il e con il, eguaglianza>uguaglianza).

Da qui in poi il Manzoni sostiene le ragioni per cui il fiorentino dev’essere diffuso attraverso una capillare politica linguistica e messo in atto nella scuola, proponendo anche la realizzazione di un vocabolario della lingua italiana affiancato da vocabolari bilingui (parole toscane corrispondenti a quelle proprie delle varie parlate d’Italia).Tommaseo e Lambruschini presero le distanze da Manzoni perché rivendicano la funzione degli scrittori nella regolamentazione della lingua, sollevando dubbi sul primato assoluto dell’uso vivo di Firenze.

3) Lessicografia

  • Crusca Veronese di Antonio Cesari (1806-1811): rivisitazione extratoscana della Crusca, che ripropone il vocabolario con una serie di giunte, allo scopo di esplorare più a fondo il repertorio della lingua antica
  • Vocabolario della lingua italiana di Giuseppe Manuzzi (1833-1842), rivisitazione della Crusca con tendenze puriste
  • Dizionario della lingua italiana di Cardinali, Orioli, Costa e quello di Carter e Federici, sempre riproposte della Crusca.
  • Vocabolario universale italiano della tipografia napoletana Tramater (1829-1840): taglio enciclopedico, con particolare attenzione alle voci tecniche di scienze, lettere, arti e mestieri di cui dà una precisa classificazione scientifica.

Dizionario della lingua italiana (1861-) di Nicolò Tommaseo e Bernardo Bellini (8 vol.): originalità; illustrazione di idee morali, civile e letterarie (alcune parole sono precedute da una croce (+) ad indicare termini poco usati, in disuso o perché ritenute dall’autore ”bollabili”, come comunismo e positivismo soggettività del Tommaseo). Abbondanza di termini, strutturazione delle voci che privilegia non il significato più antico o etimologico, ma l’ordine delle idee, seguendo un criterio logico, a partire dal significato più comune e universale, ordinando gerarchicamente gli eventuali significati diversi di una parola (con privilegio per l’uso moderno) e documentando allo stesso tempo l’uso del passato attingendo da scrittori delle varie epoche.

  • Novo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze, detto Giorgini-Broglio (1873), di ispirazione manzoniana: al posto delle citazioni tratte dagli scrittori ci sono frasi anonime, testimonianza dell’uso generale, eliminazione delle voci arcaiche.
  • Lessicografia dialettale

 

4) Unità politica (1861) ed effetti linguistici

Manca una lingua comune della conversazioni che si può sviluppare solo attraverso scambi fitti. Il numero di italofoni è molto basso.

Per la prima volta la scuola elementare diventa ovunque gratuita e obbligatoria (legge Casati del 1859 dello statuto sabaudo). Diversità di condizione dei maestri (alcuni usano il dialetto per tenere lezione), dibattito con la presenza di insegnanti puristi, manzoniani e classicisti che propongono diversi modelli di italiano.

Cause dell’unificazione linguistica italiana (secondo Tullio De Mauro):

  1. azione unificante della burocrazia e dell’esercito (servizio militare obbligatorio)
  2. azione della stampa periodica e quotidiana
  3. effetti di fenomeni demografici (emigrazione)
  4. aggregazione attorno a poli urbani dovuta alla nascita di una moderna industrializzazione

 

5) L’Ascoli e le sue teorie

Graziadio Isaia Ascoli, fondatore della linguistica e della dialettologia italiana, pubblica nel 1873 Proemi nel primo fascicolo della rivista scientifica Archivio glottologico italiano”.

Polemizza contro il manzonismo e il Giorgini-Broglio. Esclude che si possa identificare l’italiano nel fiorentino vivente; è assurdo sperare nell’assoluta unità della lingua così come non si devono combattere certe forme linguistiche suggerite dalle parlate di altre regioni. Non si può pilotare l’unificazione linguistica; essa si raggiunge solo quando lo scambio culturale nella società italiana diventa fitto (importanza del contesto sociale. L’Italia è un paese policentrico, in cui le diverse tradizioni devono omogeneizzarsi attraverso un naturale livellamento, a poco a poco.

I mali della nostra cultura sono la mancanza di una classe intermedia fra i pochi dotti e le masse e il cancro della retorica. Ascoli ha un atteggiamento severo verso la Toscana, la giudica una regione stagnante, incapace di guidare il progresso del nuovo stato italiano. Egli preferisce la neocapitale Roma. Ascoli preferisce il modello tedesco che contrappone al modello francese preferito dal Manzoni.

6) Linguaggio giornalistico

Proliferano i periodici e anche qui si pone il problema di una lingua capace di raggiungere un pubblico sempre più vasto (quindi più semplice di quella della tradizione letteraria).

Aumento delle tirature nella prima metà dell’Ottocento. In questo periodo si alternano ancora voci culte e libresche a voci popolari, evitando i dialettismi più vistosi.

Lingua diverse a seconda del tipo di articolo. Compare la pubblicità.

7) Prosa letteraria

Si fonda la moderna letteratura narrativa con Manzoni e Verga.

Manzoni rinnovò il linguaggio del romanzo, ma anche quello della saggistica, avvicinando lo scritto al parlato.

Verga ne’ “I Malavogliaadotta alcune parole siciliane note in tutta Italia e poi ricorre ad innesti fraseologici. Tratti popolari sono anche i soprannomi dei personaggi che servono a simulare un’oralità viva. Molto nuova risulta la sintassi, in particolare per il discorso indiretto libero che consiste in un miscuglio fra discorso diretto ed indiretto. Esso si presta a dar voce allo scrittore.

8) Poesia

Fedeltà alla tradizione aulica ed illustre (Neoclassicismo di Monti e Foscolo).

Quando i romantici vollero introdurre in poesia i contenuti realistici si scontrano con il problema dei termini quotidiani: ovviano facendo ricorso alla perifrasi (come i neoclassici).

Sviluppo della poesia in dialetto (Porta milanese, romano Belli).

Disputa sul ruolo del dialetto in poesia: i romantici milanesi sono favorevoli (è un modo per avvicinarsi alla lingua popolare e canale di diffusione tra i ceti umili), i classicisti no (dialetto inadatto alla promozione del popolo, è moneta di rame).

IL NOVECENTO

  1. Linguaggio letterario nella prima metà del secolo
  2. Oratoria mussoliniana e politica linguistica del fascismo
  3. Il neoitaliano di Pasolini e la lingua standa
  4. Italiano dell’uso medio

 

1) Linguaggio letterario nella prima metà del secolo

Linguaggio letterario agli inizi del Novecento si presenta come ribollire di novità.

Prima rottura con il linguaggio poetico tradizionale è con:

  • Pascoli: lascia cadere la distinzione tra parole poetiche e non poetiche, includendo tutto.
  • I crepuscolari: rovesciarono il tono sublime, mediante ironia, controcanto e citazione straniata, tendenza al tono prosastico.
  • Avanguardie come il Futurismo: rinnovamento della forma con, per esempio, l’uso di parole miste a immagini o di caratteri tipografici di diversa dimensione, abolizione della punteggiatura, largo uso dell’onomatopea.

 

  • D’Annunzio nobilita la lingua della poesia attraverso la selezione lessicale, ma è comunque innovativa per la capacità di sperimentare una miriade di forme diverse (anche metriche). E’ anche autore di neologismi (es: velivolo per aeroplano, Rinascente)
  • Pirandello: interessante riflesso del parlato nelle opere teatrali.
  • Italo Svevo: non facile rapporto con la lingua italiana determinato dalla provenienza da una zona periferica come quella di Trieste. Fu accusato di scrivere male.

 

Uso del dialetto sia direttamente che nei mistilinguismi di certi autori come Gadda.

2) Oratoria mussoliniana e politica linguistica del fascismo

D’Annunzio è anche qui il modello (proclami e messaggi sulla questione della Dalmazia e Fiume).

Lingua del fascismo (qualcuno dice che si è ispirato a Carducci):

  • abbondanza di metafore religiose, militari, equestri
  • tecnicismi di sapore romano (Duce, littore)
  • ossessione dei numeri
  • dialogo con la folla che risponde con ovazione collettiva, lunghi silenzi dell’oratore colmati dalle grida dei fedeli
  • slogan, esagerazione, luogo comune

 

L’autoritaria politica linguistica del fascismo:

  • battaglia contro i forestierismi in nome dell’autarchia culturale (soppressione dei film di scene parlate in lingua straniera; l’Accademia d’Italia sorveglia le parole forestiere e indica l’alternativa; veto alle parole straniere nell’intestazione delle ditte, nelle attività professionali e nella pubblicità, campagna per l’abolizione dell’allocutivo lei da sostituire con tu e voi)
    Neopurismo di Migliorini: rifiuta di mescolare questione della lingua e questione della razza.
  • repressione delle minoranze etniche (forzata italianizzazione della toponomastica nelle aree alloglotte)
  • polemica antidialettale
  • soppressione del Vocabolario della Crusca e sostituzione con quello dell’Accademia d’Italia (uscito solo il primo volume)
  • Prontuario di pronunzia e di ortografie di Bretoni, pubblicato per la radio, che dava priorità alla pronuncia romana

 

3) Il neoitaliano di Pasolini e la lingua standa

Nuove questioni linguistiche: sostiene la nascita di un nuovo italiano, i cui centri irradiatori stanno al Nord, sede delle grandi fabbriche. Per la prima volta una borghesia egemone è in grado di imporre in maniera omogenea i suoi modelli alle classi subalterne, superando l’estraneità tra ceti ali e bassi:

  • semplificazione sintattica, con la caduta di forme idiomatiche e metaforiche, non usate da torinesi e milanesi, veri padroni della nuova lingua (grigiore espressivo)
  • drastica diminuzione dei latinismi
  • prevalenze dell’influenza della tecnica rispetto a quella della letteratura

Pasolini privilegia gli esperimenti di plurilinguismo, come quelli di Gadda.

Lingua standa (Antonelli): lingua semidistrutta e massificata (standard)

Lingua poetica della seconda metà del Novecento: Saba, Ungaretti, Montale. Grande varietà di soluzioni stilistiche

Nel corso del Novecento c’è una perdita nei dialetti e nell’espressività gergale. Cambiamento nel livello di scolarizzazione (ruolo della scuola) e alfabetizzazione (ruolo della fabbrica e della radio e Tv).

4) Italiano dell’uso medio

Italiano dell’uso medio (Francesco Sabatini): categoria basata su una serie di fenomeni grammaticali ricorrenti nell’italiano d’oggi, così come è comunemente parlato a livello informale. Si differenzia dall’italiano standard (ufficiale) perché accoglie fenomeni del parlato quali:

  • lui, lei, loro usati come soggetto
  • gli generalizzato anche con il valore di le e loro
  • diffusione delle forme ‘sto, ‘sta
  • ridondanza a me mi
  • ci attualizzante con il verbo avere (che c’hai?)
  • anacoluti
  • dislocazione con ripresa del pronome atono (Paolo non l’ho più visto)
  • che polivalente con valore temporale, finale, consecutivo
  • cosa interrogativo al posto di che cosa
  • imperfetto al posto del congiuntivo (se sapevo, venivo)

 

Quadro linguistico dell’Italia attuale

Dove si parla o si comprende l’italiano: Italia, Vaticano, San Marino, alcuni cantoni della Svizzera,

Principato di Monaco, Rodi, ex coline italiane, Istria e alcune località della Dalmazia, comunità italiane sparse nel mondo.

Alloglotti (dal greco allos=altro e glotta=lingua): di origine romanza (provenzali in Piemonte e Valle di Susa, francese in Val d’Aosta, ladino nelle valli del Gruppo del Sella, friulano, sardo), e non romanze (tedesco in Alto Adige e in alcuni comuni del Vicentino, walzer del Piemonte e Val d’Aosta, colonie greche in Calabria e Salento, albanesi); minoranze linguistiche, nuove immigrazioni.

Aree dialettali e classificazione dei dialetti

Isoglosse: linee di confine dei singoli fenomeni linguistici

Tre aree diverse:

  • settentrionale: sonorizzazione delle occlusive sorde in posizione intervocalica (fradel o formiga), scempiamente delle consonanti geminate (gata per gatta, bel per bella), caduta delle vocali finali (an per anno, sal per sale) eccetto la a, contrazione delle sillabe atone (slar per sellario, tlar per telaio, telaro).
  • linea La Spezia-Rimini (frontiera storica fra popoli gallici ed elemento etrusco e successivamente fra arcidiocesi di Ravenna e quella di Roma)
  • centrale: linea Roma-Ancona
  • meridionale: sonorizzazione delle consonanti sorde in posizione postnasale (mondone per montone, angora per ancora), metafonesi delle vocali toniche e ed o per influsso di –i ed –u finali (acitu per aceto), l’uso di tenere per avere, uso del possessivo in posizione proclitica (figliomo per mio figlio)

 

Italiani regionali: l’italiano non è parlato in modo uniforme in tutta Italia (varietà diatopiche).

Italiano, fiorentino, toscano

L’italiano ha in comune col fiorentino classico:

  • anaforesi
  • dittongazione di e ed o brevi del latino
  • passaggio di e atona protonica in i (nepote>nipote, menore>minore)
  • passaggio di ar>er nel futuro della prima coniugazione e di rj>j (gennaro>gennaio)
  • non conosce la metafonesi

 

Il fiorentino ha la gorgia (spirantizzazione per esempio di amico>amiho) e tendenza alla monottangazione (buono>bono, nuovo>novo) mentre l’italiano no.

 Forestierismi o prestiti

 

La lingua non vive isolata ma a contatto con altre lingue oltre ai dialetti (scambi commerciali, culturali, ecc..)

Il prestito da altre lingue può essere “non adattato” o “adattato”, a seconda che il termine forestiero venga accolto nella forma originale, oppure in qualche maniera modificato.

Prestiti di necessita’: quando la parola giunge assieme ad un nuovo referente privo di nome nella lingua che lo riceve (es. caffè, patata, canoa)

Prestiti di lusso: in teoria potrebbero essere evitati perché la lingua possiede già un’alternativa alla parola forestiera.

Calco traduzione: quando si traduce alla lettera la parola (es. ‘grattacielo’ dall’inglese ‘skycraper’);

Calco semantico: quando una parola italiana assume un nuovo significato traendolo da una parola straniera (es: autorizza un tempo significava ‘rendere autorevole’, poi dal francese ha preso il senso di ‘permettere’).

Lo studio dei prestiti aiuta a ricostruire la circolazione delle idee, delle innovazioni, delle tecnologie.

Periodi di maggiore influenza di forestierismi (Settecento) o di epurazioni (Purismo) da essi (Fascismo).

L’italiano ha adottato forestierismi provenienti da:

  • latino: ha origine da esso;
  • greco: durante lo sviluppo della cultura umanistica;
  • francese: per vicinanza geografica; rapporti con letterature d’oc e d’oil
  • inglese (anglismi o anglicismi): terminologia informatica, soprattutto nel ‘900;
  • spagnolo: dalla metà del ‘500 alla fine del ‘600 in seguito all’influenza spagnola;
  • tedesco: molto poco
  • arabo: dal Medioevo (lessico della marineria, commercio, medicina, matematica)
  • ebraico: indiretto attraverso il latino, per influenza della liturgia cristiana (alleluia, amen, osanna);
  • turco: occasionale; derivano ad es. le parole bricco, caffè, chiosco, sorbetto)
  • giapponese: recente con parole come bonsai, kamikaze, judo, harakiri.